Dott. M. Borri, ” Pedagogia e progetto di natura”,
Evento “La giornata dello studente”,
presso Istituto Istruzione Superiore F. Bisazza, Messina.
Premessa generale.
Il cosiddetto “disagio giovanile” è un fenomeno più evidente e drammatico in tutte le società in cui ci sono maggiori disponiblità culturali, economiche, tecniche. L’andamento dei cosiddetti NEET (Not in Employment and not in any Education and Training), cioè i giovani – tra i 15 ed i 29 anni – che non studiano, né lavorano, in Italia raggiunge la percentuale di oltre il 21,8% una delle performance peggiori della comunità europea (dati Eurostat).
E’ un fatto evidente che oggi più di ieri i giovani siano carichi di problemi.
Lo sanno le famiglie, lo sa la scuola, lo sanno gli studiosi (pedagogisti, sociologi, educatori, psicologi e psichiatri), e lo sa molto bene tutto il settore dei mezzi di informazione e comunicazione costituito dai mass media.
Dopo secoli le scienze dell’educazione sono ancora in stallo tra due dilemmi: il rapporto natura-identità umana ed il rapporto individuo-società.
La crisi di fondo delle varie forme educative è che tutte ignorano che esiste un “progetto di natura” che fa di ogni bambino – quindi di ogni potenziale uomo – una identità unica e irripetibile.
Il progetto di natura.
Il progetto di natura implica sia il proprio corpo che il proprio quantico di intelligenza.
Ognuno di noi si conosce e si ritrova attraverso il corpo che possiede. Senza corpo non c’è identità, è una specie di conformità di memoria. Io sono questo corpo che possiedo, cioè il nostro corpo possiede una sua identità che mi rappresenta, che dice chi sono io. Il corpo è e rappresenta una sintesi poderosa di valori da conoscere per costruire la propria autostima. Ad es giudicarsi belli o brutti crea una immagine di sé che avrà ripercussioni morali sui comportamenti con annessi stili di vita.
Quindi il primo passo da fare è imparare a conoscere il significato del valore del proprio corpo. E’ un valore in quanto costituisce una parte del nostro personale progetto di natura.
Così come il neonato apprende se stesso – attraverso l’uso totale del proprio corpo – altettanto qualsiasi giovane deve ripristinare l’esattezza di coscienza basata sulla propria sensibilità corporea, significa che bisogna sapersi amare per come siamo, attraverso il corpo che abbiamo. Tutti noi siamo stati deviati da questa sensorialità e adesso non siamo più padroni dentro la nostra pelle e quindi non capiamo più i nostri istinti.
Oltre al corpo abbiamo in dote altre due funzioni, l’intelligenza e la volontà e anche loro fanno parte del progetto di natura. Però – mentre il corpo cresce da solo, sotto la spinta della natura – sia l’intelligenza che la volontà sono funzioni che bisogna evolvere. Diciamo che all’inizio sono solo virtuali, ma si possono evolvere attraverso l’esperienza della relazione con gli altri (famiglia, amici, scuola etc.) cioè attraverso la relazione sociale. Virtualità significa forza con direzione, cioè selezionare l’ambiente in modo specifico secondo il proprio progetto di natura.
Come esempio pensiamo al seme che possiede integra la virtualità dell’albero adulto, cioè da una ghianda può svilupparsi solo ed esclusivamente il progetto di natura che chiamiamo quercia e null’altro. Quando un giovane si dimentica o abbandona il progetto del proprio esistere, si estranea dal proprio unico citerio di realtà, cioè da se stesso. Nessuna cosa al mondo è più reale per se stessi di se stessi.
L’unico strumento di conoscenza per l’uomo è l’uomo stesso, conforme al proprio progetto.
Sembra un fatto ovvio eppure nessuno si è mai preoccupato di ciò. E l’ordine nasce da qui.
La dinamica di crescita è avvertita dal giovane come irrequietezza, bisogno di affermazione, sano egoismo, quindi bisogna incoraggiare il giovane a mettersi in gioco, senza sostituirlo, deve imparare a fare partendo da se stesso, dalle proprie potenzialità.
Ogni giovane deve individuare tre punti:
1) Cosa sa fare.
2) A che fine, per quale progetto.
3) Quanta fedeltà e volontà ogni giorno mette nel costruire il proprio progetto.
Il disagio giovanile nasce per un senso di acuta insoddisfazione che si manifesta già nel periodo che va dai 6/7 anni sino ai 14/15 anni. E’ una necessità interiore, vaga ma ben distinta, che impone l’investimento di tutto se stessi in qualcosa di eccellente e assoluto. Dalla fase puberale in poi si verifica un grande contrasto tra la fortissima urgenza del giovane ad affermare le sue capacità ed i limiti imposti dal sociale.
Formarsi non è facile, le distrazioni sono molte ma non si può bluffare con se stessi, quindi occorre umiltà e prudenza nella conoscenza di se stessi, al fine di evitare di colpevolizzare l’esterno mentre siamo proprio noi che non vogliamo o non sappiamo come crescere. Si può fare teatro con gli altri ma mai con se stessi. L’autorealizzazione si misura esclusivamente dalla capacità di essere felici, cioè dalla soddisfazione ottenuta dai tanti traguardi pratici ottenuti.
Attraverso la verifica dei risultati pratici ottenuti, ogni giovane ha la consapevolezza di essere responsabile di tutto ciò che gli accade, nel bene come nel male, senza la possibilità di giustificarsi con alcun tipo di “buona fede”.
La responsabilità verso la propria crescita, implica l’uso di una adeguata morale al fine di fare bene se stessi all’interno di un sistema sociale fatto di più persone. Significa che il giovane deve apprendere l’uso della doppia morale come valore aggiunto.
La società non è l’insieme degli individui ma piuttosto il tessuto all’interno del quale
ciascun uomo – al pari di una cellula – si specifica, si nutre e si evolve.
Il tessuto sociale è la palestra di vita attraverso la quale ognuno di noi ha la possiblità sia di affermazione che di errore.
I due fattori allarmanti.
Sia la pedagogia che la psicologia devono affrontare due situazioni di fatto:
1) l’aumento del deficit di attenzione e della iperattività nei bambini e negli adolescenti;
2) la potenza del cellulare;
L’evidenza di una deviazione psicologica nei giovani dai 14 ai 35 anni facilita una coscienza incapace di fare autorealizzazione egoica secondo il proprio progetto di natura.
Gli effetti portano a comportamenti quali: biologismo, idealismo critico e consumismo.
“Biologismo“; nel senso di un sottolineamento eccessivo del corpo e di finalizzazione
della vita alla riproduzione biologica.
“Idealismo critico“; cioè il giovane evita il compito ed il sacrificio di costruire se stesso,
guardando gli errori degli adulti.
“Consumismo“; moda, musica, sesso, linguaggio etc., cioè tutto ciò che li possa
contraddistinguere in quanto “diversi”.
L’uso di questi stereotipi conduce ad una svalutazione del proprio senso-valore, inoltre portano a dei vizi: sessomania, alcolismo, tossicodipendenza, asocialità (delinquenza), psicosomatica pesante, superficialità del potere digitale.
Una volta individuata l’identità propria di ogni giovane, se riusciamo a fare una pedagogia che consenta lo sviluppo del progetto di natura, come risultato avremo un giovane prima di tutto sano e poi in grado di realizzare la propria esistenza in modo creativo.